Ti chiederei di raccontarmi come meglio credi la tua storia personale e la tua esperienza vissuta sia nei momenti della malattia, sia nel momento del trapianto. Puoi raccontarmi tutto quello che vuoi, io non ti interromperò e ti lascio parlare…
Io sono entrato in dialisi nel 1999 in maniera improvvisa, nel senso che non ero mai stato male prima di allora, erano già un paio di settimane che non stavo bene, che avevo difficoltà a respirare la notte, facevo fatica a fare le scale e non si riuscivo a capire il perché. Tuttavia non mi ero particolarmente preoccupato perché era primavera e soffrivo, e soffro tutt’ora, di allergie da fieno e pensavo fosse un’importante manifestazione allergica, per cui il medico mi ha prescritto il cortisone che sembrava funzionare. In realtà il cortisone semplicemente mascherava la malattia anche dal punto di vista renale, infatti dopo poco tempo sono andato in pronto soccorso e dai prelievi del sangue hanno subito capito che avevo un problema ai reni e sono stato ricoverato d’urgenza in nefrologia. Il giorno successivo al ricovero ho iniziato subito la dialisi e non ero preparato perché era una cosa nuova per me, ho fatto circa 7 o 8 anni di dialisi e parallelamente ho fatto tutta una serie di esami che mi hanno permesso entrare in lista per il trapianto, cosa che è avvenuta nel 2006. Devo ammettere che sia la vita in dialisi, che poi successivamente quella da trapiantato, non l’ho mai vissuta come una tragedia, o meglio è capitato, ma non l’ho mai fatto pesare.
Infatti durante la dialisi lavoravo anche quando non stavo particolarmente bene, ma non lo davo a vedere, era una cosa che tenevo per me. Cercavo in qualsiasi modo di fare una vita normale e non mi sono mai pianto addosso, quando poi è arrivato il trapianto le cose sono decisamente cambiate, uno perché l’intervento è andato molto bene e due perché l’ho fatto a Novara e l’ospedale di Novara devo dire che sono stati veramente dei professionisti, ricordo che nei giorni successivi al trapianto chiedevo “ma me l’avete fatto il trapianto di rene o no?” perché francamente non avevo né dolore né fastidio e dopo 2 giorni dall’intervento ero già giù dal letto, di ospedalizzazione ho fatto veramente poco, dopo circa 10 giorni sono tornato a casa, ovviamente mi hanno tenuto sotto stretta sorveglianza, quindi a giorni alternati andavo a fare il prelievo.
La mia vita da quel giorno è completamente cambiata, da subito ho cercato di scoprire chi fosse il mio donatore, conoscevo solo la data di morte che era il giorno prima del mio intervento, di conseguenza ho cercato sia su internet che sui quotidiani delle notizie che riguardassero un incidente stradale, probabilmente avvenuto a causa di un problema cardiovascolare o un ictus. Nonostante le mie ricerche non sono mai stato in grado di capire chi fosse quella persona, a cui dovevo veramente la vita e questa è una cosa che mi strugge e a cui penso spesso.
Tu senti un legame con questa persona?
Sì, tutto è cambiato dal giorno dell’intervento, non sono mai stato un grande consumatore di frutta o verdura, fino al giorno prima dell’intervento non mi piacevano molto né le zuppe né i minestroni. Dal giorno dopo dell’intervento sono cambiati radicalmente i miei gusti e le mie abitudini alimentari, mangio tutte cose che prima non mangiavo e immagino che probabilmente questo organo che non è mio, abbia portato dei cambiamenti in me, quindi sento molto presente questa persona e mi sarebbe piaciuto portargli un fiore.
Facendo un passo indietro, ti ricordi il momento in cui sei venuto a sapere, visto che prima hai detto che è stata una cosa improvvisa, che avresti dovuto iniziare questo percorso e cos’hai provato, quali pensieri hai avuto?
Non ho avuto pensieri particolarmente strani, mi ricordo che il dr. Berto un giorno mi ha fermato nel corridoio, prima di iniziare la dialisi e mi ha detto: “Stefano da domani cercami, perché ti devo prescrivere tutta una serie di esami per inserirti in lista trapianto”. Io sapevo che esisteva la donazione degli organi, ero sempre stato favorevole e sapevo più o meno come avveniva, però non ho mai pensato di poterla vivere in prima persona, sapere di essere stato inserito nella lista trapianti non è stata un’esperienza traumatica, anzi l’ho vissuta come una cosa abbastanza positiva, anche se ero consapevole del fatto che significava la perdita di un’altra persona.
Prima di rifiutare la prima chiamata avevi già pensato di non essere sicuro oppure pensavi di esserlo?
No sapevo che prima o poi avrei dovuto fare il trapianto anche perché non potevo vivere in eterno attaccato ad una macchina, probabilmente c’erano delle paure perché sapevo che era un’operazione un po’ rischiosa e c’erano da assumere dei farmaci abbastanza pericolosi, queste incognite probabilmente mi avevano influenzato a tal punto da farmi rifiutare il trapianto nel 2002-2003. Mi ricordo che non mi ero pentito, ma che mi ero accertato che quest’organo fosse poi andato realmente a qualcuno e così è stato.
Questo ha fatto sì che anche durante l’attesa le emozioni principali che hai provato fossero un po’ ambivalenti? Com’è stato questo periodo di attesa?
Esatto tant’è che una volta ho rifiutato il trapianto, mi avevano chiamato, però in quel momento non stavo passando un bel periodo e quindi l’ho rifiutato nonostante mi avessero detto: “guarda che è un paziente giovane, un paziente che è in salute”, non so cosa sarebbe successo se avessi accettato il trapianto in quel momento. Circa due anni dopo ho fatto il trapianto e devo dire che sono comunque contento di questa scelta.
Invece durante il periodo di dialisi, immagino che la tua vita sia cambiata.
Sì, era molto cambiata, nel senso che il lunedì, il mercoledì e il venerdì smontavo dal lavoro alle dodici e mezza e all’una e mezza andavo in ospedale, per cui per diversi anni posso dire di non aver vissuto. Tuttavia per quanto fossi stanco cercavo comunque di uscire con gli amici e con la ragazza, cercavo di avere una vita il più normale possibile.
E la tua famiglia, i tuoi amici… ti hanno sempre supportato?
Si, assolutamente, non ho mai avuto problemi, neanche sul lavoro, avevo il mio ruolo e l’ho mantenuto, tante volte mi è capitato di lavorare anche mentre stavo facendo la dialisi e ho sempre cercato di non far pesare ai miei colleghi questa mia mancanza al pomeriggio, per cui mi capitava di far telefonate o comunicare con gli sms.
E ci sono stati degli episodi in cui hai sentito questa vicinanza? Qualche episodio significativo in cui hai sentito questo supporto da parte dei tuoi amici, dei famigliari…
No posso dire che c’è sempre stata, c’è sempre stata in maniera uniforme, sono stato molto fortunato dal punto di vista della famiglia e dal punto di vista degli affetti fuori dalla famiglia.
E durante l’attesa invece c’è stato qualche momento più difficile per te? Magari a livello emotivo, qualche momento di difficoltà o di sconforto?
No, cioè vedevo i miei compagni di dialisi che venivano chiamati per il trapianto ed io ero contento per loro, non ho mai provato invidia.
Invece il giorno del trapianto? Il giorno in cui hai accettato come ti sei sentito?
Sono stati momenti molto caotici, mi ricordo molto bene della telefonata che mi è rimasta particolarmente impressa, l’ho ricevuta interno le 11 di sera e ho capito che probabilmente chiamavano per il trapianto e così è stato, mi hanno detto: “c’è un rene per lei, domani mattina alle 5 vada subito in ospedale, faccia un po’ di dialisi e poi corra immediatamente qua a Novara”. Quella notte non ho dormito, sono poi andato in ospedale e ho fatto tutta una serie di controlli pre-trapianto e poi sono andato immediatamente a Novara e anche lì mi hanno fatto dei controlli, poi c’è stata tutta una spiegazione da parte del primario e nel pomeriggio mi hanno portato in sala operatoria ecco. Da quel momento è entrata dentro di me la presenza di questa persona e la prima cosa che mi sono chiesto è chi fosse, ma ovviamente non mi hanno detto nulla. L’unica cosa che son riuscito a sapere è che il rene gemello è finito ad un ragazzo di Torino, quindi posso immaginare che sia una persona della zona.
E i tuoi sentimenti verso l’organo?
I sentimenti verso l’organo sono molto presenti, nel senso che lo tengo bene, nonostante faccia una vita abbastanza frenetica e alle volte anche un po’ troppo movimentata, cerco sempre di prendermi cura dell’organo, i farmaci li prendo sempre in maniera corretta.
Avverti un senso di responsabilità?
Sì c’è un grande senso di responsabilità e soprattutto rispetto verso chi non c’è più e verso tutte quelle persone che lavorano e che hanno lavorato per permettermi di essere qui, c’è un grande senso di responsabilità e di rispetto…
Invece il momento del post-trapianto come lo hai vissuto?
Gli istanti del post-trapianto li ho vissuti bene, c’era un po’ di paura perché all’inizio il rene trapiantato non funzionava come doveva, però sapevo che le cose sarebbero andate per il meglio, perché comunque vedevo che sia medici che gli infermieri erano molto fiduciosi, non c’era allarmismo intorno a me, per cui sapevo che le cose sarebbero andate bene e che avrei avuto indietro la mia vita.
E poi è stato così…
E poi è stato così.
È rinata… per cui la tua vita ora è tornata alla normalità?
Sì assolutamente, pratico molta attività sportiva, anche all’aria aperta, non faccio assolutamente una vita casalinga e il trapianto mi ha permesso di non fare più la dialisi e di quindi avere una vita limitata a questo.
È stato un percorso molto lungo, c’è stato qualcosa che ti ha dato la forza? Qualcosa a cui tu ti sei aggrappato e ti ha permesso di sopportare questo percorso nel modo più positivo possibile?
Quando? Prima o dopo? Cioè durante la dialisi o dopo?
Entrambi, in ogni fase, se c’è stato qualcosa…
Durante la dialisi il lavoro credo, dopo invece la famiglia, gli amici, l’attività all’aria aperta. Io sto bene quando sono fuori in montagna o quando sono in giro a piedi, perché queste sono cose che mi fanno stare bene, sia con me stesso che con gli altri. Diciamo che sono e sono state un insieme di cose che fra l’altro non riesco neanche a ben definire con due parole.
Invece se dovessi parlare… trovare delle emozioni che sono state più significative in tutto il percorso? Soprattutto prima del trapianto… quali potrebbero essere?
Emozioni? Eh…
Emozioni o pensieri ricorrenti, quelli più significativi, che ti hanno magari un po’ accompagnato.
Prima della dialisi continuavo a pensare al trapianto, mi chiedevo se un giorno sarei riuscito ad arrivarci e a come sarebbe andato.
Adesso invece il pensiero più ricorrente è riferito alle tempistiche… mi chiedo quanto durerà il mio rene e per quanto continuerò a stare bene come sto ora.
Quando una persona dona i propri organi permette ad un’altra di tornare a viver, però il trapianto ha una vita e l’organo trapiantato ha una fine, perché i farmaci che noi prendiamo sono salvavita, ma allo stesso tempo sono tossici per l’organo che abbiamo dentro, per cui mi chiedo spesso per quanto tempo le cose andranno bene come ora. Però è un pensiero mio che non faccio pesare agli altri, anzi. Cerco di vivere ogni giornata come se fosse l’ultima.
Quindi si può dire che nella rinascita c’è sempre comunque un po’ di timore, paura.
Sì sì è chiaro, quando vieni messo in lista trapianti sai perfettamente che il trapianto può funzionare come no e sai che se funziona comunque questo avrà una vita. Anche il rigetto è sempre dietro l’angolo. Ci sono persone che hanno avuto il rigetto immediatamente, altre che lo hanno avuto dopo tre/quattro anni ed altre ancora che hanno avuto un rigetto cronico, il quale porta al mal funzionamento dell’organo trapiantato che con il passare del tempo smette di funzionare e ti obbliga a rientrare in dialisi.
Ovviamente per una persona trapiantata di cuore è ancora diverso.
E c’è qualche momento o episodio in cui questa paura si è fatta sentire più forte?
No no, è sempre uniforme. Ci sono settimane in cui non ci penso, mi accorgo che in alcuni giorni o settimane il pensiero non mi sfiora, ma poi ce ne sono altre in cui ci penso in maniera costante, come se ci fosse un filo sottilissimo sotto la vita quotidiana che mi dice di fare attenzione e godermi ogni momento perché magari tra qualche anno potrebbero non esserci più. Però una volta che questa fase mi passa torno a vivere senza pensarci e senza avere più paura.
E invece prima del trapianto? La paura…
La paura era un pochino più orientata a “riuscirò a fare il trapianto di rene? E come andrà? Come andrà poi dopo? Riuscirò a vivere e a ritrovare la vita di prima?”
Tutte queste emozioni e pensieri un po’ più negativi erano controbilanciati anche da speranze e pensieri positivi?
Sì, sì assolutamente.
Ad esempio? Ti ricordi qualcosa in questo senso? Pensieri o emozioni positivi?
Francamente no… è stato un periodo un po’ particolare e probabilmente ho anche rimosso tante cose. È come se fosse passato uno spazzino dentro di me e tante cose le ha rimosse. In questo momento sono concentrato sulla vita quotidiana per far sì che vada tutto bene. In effetto la vita in questo momento mi sta andando bene: ho un buon lavoro, un’ottima moglie, nessun problema economico, quindi direi che ora sta andando tutto bene.
E hai avuto modo di rielaborare quello che hai vissuto? Nel senso… sei stato supportato psicologicamente?
No no, sono stato sempre supportato dal punto di vista psicologico, nel senso che avevo sempre amici che mi chiedevano e che mi chiedono tutt’ora come sto. Ho sempre avuto amici e colleghi che sapevano perfettamente il percorso che stavo facendo e, come ho detto prima, non ho mai incontrato negatività sotto questo aspetto. La vita in ospedale era molto molto buona, nel senso che il reparto di nefrologia e dialisi di Biella è un reparto eccellente, per cui anche la vita che si faceva in dialisi era una vita qualitativamente eccellente, per cui non ho mai incontrato ostacoli.
C’è qualche episodio particolare, di qualsiasi genere, che magari ti va di raccontare… ad esempio quelli che magari racconti a qualche tuo amico in riferimento a tutto il percorso che hai vissuto…
Le uniche cose un po’ negative che rimangono con me e dietro di me, sia di quando facevo dialisi sia della mia vita dopo il trapianto, sono tutte quelle persone che ho conosciuto e che non ci sono più… tutte quelle persone che facevano la dialisi e che non sono riuscite a trovare un organo o che hanno fatto il trapianto, magari anche dopo di me, e che però non ce l’hanno fatta o per una serie di motivi non ci sono più. Sono persone che comunque ho incontrato nella mia strada e quindi sono persone e sono emozioni che sono rimaste in me e che mi porto dietro con affetto.
Grazie, davvero… per concludere ti vorrei chiedere… se dovessi trovare tre parole per descrivere tutta la tua esperienza, tre parole chiave, significative, quali useresti?
Allora la prima parola è “impossibile”, perché se uno pensa che c’è un qualcosa di un’altra persona dentro di te e che ti ha permesso di tornare a vivere, uno pensa “no è impossibile”. E invece è possibilissimo.
Come seconda parola direi “rinascita”, perché effettivamente sono tornato a vivere.
E poi direi “gioia, perché da quando ho fatto il trapianto, da quando ho questa persona accanto che mi ha dato la possibilità di tornare a vivere, la mia vita è decisamente migliorata sotto tanti aspetti: nella qualità, nel lavoro, nel tempo libero, nell’attività sportiva, nell’attività con mia moglie. A fronte di tutto ciò, nonostante ci sia il timore che tutto questo finisca, cerco di vivere con gioia ogni momento.
Io sono perfettamente consapevole che il trapianto di rene avrà una fine e che dovrò poi ritornare in dialisi, però se dovesse succedere domani mattina sarei perfettamente in pace con me stesso e con gli altri, perché ho vissuto veramente bene grazie ad una persona che non c’è più e che mi ha dato la possibilità di ritornare a vivere.
E se dovessi raccontare, in riferimento a questa rinascita, proprio nel concreto che cosa è cambiato nella quotidianità, cosa puoi fare, cosa fai ora che prima non facevi?
Sostanzialmente l’attività sportiva. Prima quando ero in dialisi ero sempre un po’ affaticato, perché la dialisi ti lascia quella strana sensazione che si prova quando ti sta salendo la febbre, per cui ti senti addosso una stanchezza che non ti permette di fare tante cose. Dopo il trapianto invece sono tornato a fare tutte quelle cose che prima non potevo fare, ad esempio adesso corro 6/8 km una volta alla settimana, faccio gite in montagna, e tutte queste cose prima mi erano assolutamente precluse. Quindi questa è la rinascita che devo a questa persona, che purtroppo non conosco.
È un pensiero ricorrente in tutto ciò che fai? Il ringraziamento a…
…A questo dono, sì assolutamente.
E a chi sta iniziando questo percorso adesso cosa vorresti dire? Cosa diresti se…
Di andare tranquilli, letteralmente di andare tranquilli. Quasi quasi direi loro che “è una passeggiata”. Direi di andare tranquilli e sereni, che sono in ottime mani.
Inoltre direi che la donazione è una cosa fantastica e che dovrebbe essere fatta. La cultura della donazione deve essere portata avanti.
A chi deve ricevere un organo direi di non aspettare, di non fare lo stesso errore che ho fatto io nel 2002-2003, di accettare l’organo serenamente.
Quindi, se ho capito bene, da una parte lo vivi quasi come se fosse stato un errore il fatto di aver rifiutato?
Sì, da una parte lo vedo come un errore, però dall’altra parte mi chiedo come sarebbe andata. Adesso, avendolo accettato nel 2006, sono contento di aver fatto questa scelta, però a volte ci penso, mi chiedo cosa sarebbe successo se avessi accettato il primo organo. Magari avrei avuto un rigetto dopo un mese, perché tutto dipende da come reagisce il sistema immunitario all’organo trapiantato. Devo dire che in fin dei conti a me è andata bene e vedo che va molto bene a tutti quelli che hanno avuto il mio stesso percorso. Adesso le tecniche, la farmacologia, sono ad un livello a cui trent’anni fa neanche si poteva immaginare.
E tra la prima chiamata del trapianto che hai rifiutato e poi quella del 2006, ci son stati momenti in cui ti sei un po’ pentito di aver rifiutato?
No, direi di no.
Quindi, la “nuova attesa” non ha pesato?
No no, assolutamente, anche perché sono passati poi pochi anni per cui non mi sono mai pentito di aver fatto quella scelta quel giorno.
Direi che bene o male abbiamo toccato un po’ tutti i punti… c’è qualcos’altro che magari ti senti di raccontarmi e che io non ti ho chiesto? Qualche episodio particolare… qualche aneddoto…
No, nel senso che sto bene, adesso come adesso sto bene, le cose vanno bene e sono contento così.