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Ti chiederemmo molto semplicemente di raccontarci nel modo in cui preferisci la tua storia, sia da persona prima che ha vissuto una malattia sia poi da persona che ha subito un trapianto… puoi dirci tutto quello che vuoi, tutto quello che ti viene in mente, nell’ordine che preferisci… noi non ti interromperemo fino alla fine…

Fin da quando ero militare ho sempre avuto la costanza di fare un esame, se non due, una volta all’anno. Nell’ultimo esame che ho fatto nel 2007 è risultata la creatinina a 2, ma io non sapevo cosa volesse dire, così il mio medico, che era anche un mio compagno di scuola, mi ha detto che il rene stava “andando” e che le uniche soluzioni possibili erano la dialisi o il trapianto.

A me, vedendo che c’era già una soluzione, la cosa stava bene, quindi ho fatto il foglio e sono andato subito su in ospedale. Il primario che c’era prima di Mauro (Berto) mi ha immediatamente detto che il rene così non si poteva mantenere e che quindi avrei dovuto iniziare una cura per posticipare il più possibile la dialisi. Io con quella cura sono andato avanti dal 2007 al 2011, quindi quasi 4 anni con lo stesso livello di creatinina. Mi avevano anche dato da mangiare delle cose aproteiche, che credo di avere ancora qui per il cane… non credo di averle mai mangiate in effetti.

Quando a fine 2011 l’ex primario è andato in pensione, il dottor Berto ha deciso di seguirmi perché lui già pensava all’AIDO e ai donatori. Nel mentre, nell’ultimo anno la mia creatinina era salita da 2 e mezzo a 3 e mezzo, quindi ero un soggetto a rischio. All’ospedale di Parma mi avevano detto che probabilmente avrei potuto resistere senza dialisi fino a che la creatinina non fosse arrivata a 5, ma io non volevo arrivare fino a quel punto. In quel momento il dt. Berto ci ha prospettato la possibilità di effettuare un trapianto da vivente. Subito, essendo compatibile, si era pensato a mio figlio come donatore, ma io non volevo, assolutamente, aveva appena 23 anni e si era appena sposato, quindi mi sono rifiutato. A quel punto Mauro ha detto che si sarebbe potuto fare anche un trapianto da persona non compatibile. Mia moglie, M., si è subito offerta e siccome era veramente molto decisa io l’ho assecondata e ho accettato.

Per il trapianto siamo stati seguiti dall’ospedale di Parma, ricordo che quando sono arrivato giù in ospedale ho dovuto fare una terapia con un macchinario che arrivava dalla Germania per poter portare l’elemento che non era compatibile a 0. Ho fatto questa terapia per 8 giorni e dopo di che ho fatto il trapianto.

Ricordo che una volta in sala operatoria i medici mi hanno chiesto se avessi freddo, ovvio che avevo freddo, sembrava di stare in una camera mortuaria con il tavolo in ferro tutto in ferro! Allora mi hanno detto che mi avrebbero dato una coperta, ma io dopo che mi hanno dato l’anestesia non sono neanche riuscito a contare fino a 1 che mi sono addormentato, quindi non so se effettivamente mi abbiano dato o meno la coperta.

Io sono entrato in sala operatoria circa a mezzogiorno e mi sono poi svegliato alle 5 di pomeriggio. La prima cosa che mi è stata detta è che l’operazione era andata benissimo e che il rene funzionava bene. Ho fatto poi una settimana a letto perché ho avuto un problema linfatico.

A Parma si ricordano di me perché ogni 2 o 3 secondi chiedevo quando sarei potuto tornare a casa. Nelle prime due settimane in cui sono tornato a casa dovevo comunque andare in ospedale a Parma circa tre volte a settimana, dopo di che da tre3 volte sono passato ad una, poi ad una volta al mese e ad oggi ci vado una volta all’anno.

A livello personale, per me, da prima a dopo l’operazione non è cambiato nulla. Sento di persone che ora si sentono diversi, ma a me non pare. L’unica cosa è che non mangio più tanto quanto una volta, ho perso 50kg.

Per mia scelta, perché preferisco essere sicuro, mi sottopongo a Biella ad un controllo al mese.

Quando giocavo a basket, da ragazzo, penso di essere stato il più grande consumatore di antidolorifici, prendevo una scatola o due al mese, infatti quando a Parma il medico lo ha sentito mi ha detto che non c’era da stupirsi del trapianto e dell’insufficienza renale. Infatti, quando ho smesso di giocare e ho iniziato a seguire le squadre di basket non volevo vedere medicinali tra i ragazzi. Ho lasciato anche una squadra di Milano per questo motivo.

Comunque io non ho trovato cambiamenti tra prima e dopo i trapianti, ho continuato a fare le stesse cose, solo senza affannarmi come facevo prima. Tutt’oggi vado a dormire alle 2 e mi alzo alle 6 dormendo quindi 4 o 5 ore a notte. È che proprio non riesco a stare fermo.

Ribadisco, cose strane, diverse, assolutamente no, non ho trovato una situazione diversa a livello personale o comportamentale, diciamo che ho intensificato alcune delle cose che posso ancora a fare. Ho provato a fare due mesi fa una partita delle vecchie glorie, ma avremmo dovuto essere almeno in 50 per squadra per riuscire a giocare, quindi questa è una cosa che non mi è più possibile fare. Anche nella vita lavorativa però non è cambiato proprio nulla, se non un po’ di attenzione in più quando magari si devono fare sforzi. Stessa cosa per il comportamento che ho con gli altri, è tale e quale, infatti tutti mi dicono che non sembra che abbia subito un trapianto.

Quando andrò in pensione io vorrei trasferirmi in quelle zone dove ci sono i militari americani, perché mi sono anche un po’ stufato di stare qui. Mia moglie mi ha fatto notare che lei dovrebbe però lavorare ancora un anno, ma io le ho detto che al massimo vado là 6/7 mesi prima e poi lei mi raggiunge… non le è piaciuto molto, ma vabbè…

La cosa più difficile per me, prima del trapianto, era il pensiero di dover vivere una situazione di dialisi. Avrei sicuramente trovato il modo per fare qualcosa lo stesso, però effettivamente era qualcosa che mi bloccava, anche perché io da quando avevo 13/14 anni ad adesso mi sono girato quasi 70-80 Paesi, prima coi miei genitori, coi parenti, poi da solo e con altri. Questo mi sarebbe dispiaciuto, non poter girare ed essere autonomo come e quando volevo. Forse è per questo che quando mi hanno proposto il trapianto non mi sono preoccupato e non ho avuto paura, perché era una situazione che poteva migliorare rispetto a quello che si poteva prospettare.

Io conoscevo già da un po’ la realtà di AIDO perché in seconda liceo mi ero iscritto dopo che uno dell’Associazione era venuto a parlare a scuola, quindi è praticamente dal ’72 che sono iscritto ad AIDO, perciò sapevo benissimo di cosa si trattasse. Poi sinceramente non mi ero mai più interessato e non avevo mai più partecipato, perché effettivamente qui a Biella non c’era molto. Poi dopo che ho fatto il trapianto qualcosa ha iniziato a muoversi e la cosa mi ha interessato, perciò mi sono offerto di fare ciò che per l’Associazione sarebbe stato utile, anche andare a parlare nelle scuole, anche perché avevo già fatto un’esperienza simile a fare colloqui con i ragazzi.

Comunque, non avendo avuto dopo il trapianto questo grande cambiamento nel modo di fare, ho continuato a fare quello che ho sempre fatto seppur con moderazione e riconoscenza (perché il trapianto mi ha permesso di avere un rene nuovo e non fare dialisi, perciò un po’ di riconoscenza bisogna averla). Ho ridotto parecchio il livello di movimento, perché ero abituato ad uscire e non tornare la sera, ma tornare il giorno dopo, quindi questo l’ho limitato, ma per il resto non posso lamentarmi.

Stavo pensando a quello che hai detto, che non deve per forza un cambiamento sostanziale, alla fine dipende dalla storia di ognuno… giustamente tu non avendo fatto la dialisi magari senti anche meno questo passaggio, ma è comprensibile.

Io avendo portato la creatinina a 3 e mezzo e avendo fatto subito il trapianto sono tornato subito a fare la mia vita di sempre, per cui non ho sofferto prima del trapianto, non ho fatto dialisi, quindi tutto considerato sono stato molto fortunato. Ogni tanto penso alla storia di altre persone del gruppo (di AIDO) e mi dico che se tutti avessero avuto il trapianto come l’ho avuto io sarebbe sicuramente tutta un’altra storia. Difatti a volte mi spiace anche parlare perché sento che gli altri hanno sofferto molto e quindi mi chiedo cosa potrei raccontare io, anche perché in effetti la mia storia è molto breve. Quando sono tornato a casa dall’ospedale la mia vita è continuata nello stesso modo. Ho cercato di mantenere anche il lavoro uguale a prima nel limite del possibile. L’unica cosa che mi è costata un po’, anche se per me è stata un bene, è stata perdere 50 kg in un anno.

Io credo sia molto importante la tua testimonianza, perché alla fine per chi non sa come funziona il trapianto, cosa c’è dietro, è bello anche sentire queste storie in cui va bene, non ci sono delle complicazioni, poi tua moglie ti ha donato il rene… è una bella storia, vale la pena secondo me di raccontarla.

Ci sono persone che oggi stanno vivendo una storia simile a quella vissuta da altri membri del gruppo, quindi complicata e difficile, per cui nel momento in cui si racconta loro che invece l’esperienza del trapianto è abbastanza semplice potrebbero risponderti “ma cosa stai dicendo?”, quindi credo sia importante capire anche la persona che si ha davanti, qual è il suo problema.

Io volevo chiederti, perché se ho capito bene, da quando ti hanno detto di aver questo problema al rene al trapianto sono passati 4 anni… volevo chiederti se ti ricordi un po’ le sensazioni… perché non sapevi bene che cosa ti aspettava… che anni sono stati? Ti ricordi un po’…

Dalla prima visita al momento del trapianto sono passati circa 5 anni. In quel periodo, grazie alle medicine che prendevo, che tra l’altro non erano nemmeno tante, per 5 anni la mia creatinina è rimasta a 2 e mezzo. Verso il quinto anno la creatinina ha iniziato a salire e a Parma erano pronti, visto che io avevo già fatto tutti gli esami il terzo e il quarto anno, si è deciso di accelerare il processo.

Nell’attesa del trapianto penso di non aver saltato neanche un esame, però ricordo che le volte in cui dovevo fare 5 o 6 esami al giorno e mi ritrovavo a passare la giornata in ospedale mi veniva sempre in mente il discorso della dialisi, il dover stare 5 o 6 ore in ospedale pur dovendo lavorare.

Una volta programmato il trapianto ho dovuto poi aspettare ancora 3 mesi perché era necessario che arrivasse quel macchinario dalla Germania e un tecnico specializzato, perché anche a Parma era la prima volta che facevano un trapianto da vivente non compatibile. Ricordo di aver pensato di essere una cavia. Per prepararmi al trapianto avrei dovuto fare una specie di dialisi, ma il mio medico, per diminuire il tempo che avrei dovuto passare attaccato alla macchina, ha deciso di inserirmi l’attacco nella giugulare.

Di solito i primi 5 minuti in cui mi trovo a fare cose nuove mi agito, ma poi mi trovo a fare il raziocinio e a pensare a cosa sta succedendo, come si può guardare avanti e come si possono risolvere le cose. Lo faccio sempre, per qualsiasi problema… mi fermo e mi dico di non andare a mettere le mani dove non si può e di trovare un modo che possa risolvere le cose, è proprio un mio modo di fare.

È un bel messaggio questo, di positività… perché è sempre facile dirlo, però tu sei la prova che bene o male si può fare… mi viene quindi anche da chiederti… questo periodo di attesa che è durato 5 anni, ho la sensazione perlomeno, che tu non lo abbia vissuto proprio come una vera e propria attesa…

Io non ho vissuto gli anni di attesa al trapianto con l’ansia propria dell’attesa, la gente pensa che io sia incosciente, ma non lo sono, sono ben cosciente della situazione. Ti faccio un esempio, quando un anno prima del trapianto sono andato a Parma per parlare con la psicologa ci è stato detto che sarebbe stato meglio anche mia moglie facesse dei colloqui. Quel giorno è entrata prima lei e so che ha detto alla psicologa di non spaventarsi quando avrebbe parlato con me, che anche se magari poteva sembrare non stavo giocando ed ero ben conscio della situazione. Infatti, quando sono entrato nello studio, la psicologa mi ha chiesto se non avessi paura dell’operazione, io ricordo di averle risposto chiedendole cosa avrebbe fatto lei avesse dovuto passare tutta una vita attaccata a una macchina, ma avesse al contempo la possibilità di fare un trapianto e continuare a vivere la propria vita. Dopo questa mia risposta mi ha congedato. Penso lo ricorderò sempre, il colloquio sarà durato sì e no 2 minuti. Per me non è una questione di incoscienza, sapevo che c’era qualcosa che si poteva fare e quindi quando c’è qualcosa che si può fare per migliorare la situazione è giusto farla. Non ho passato 4 anni a chiedermi cosa sarebbe successo, sapevo della possibilità del trapianto e questo mi bastava, non ho mai pensato se potessi arrivarci o meno.

Per quanto riguarda la decisione di accettare il rene da mia moglie diciamo che io non ho avuto molta scelta, perché lei era talmente decisa che ha praticamente fatto tutto lei insieme al Dt. Berto, quindi non si può dire che io abbia deciso, diciamo che io ho subito.

In realtà la decisione spontanea di M. l’ho vissuta bene, anche perché era un’altra soluzione che si prospettava, potevo fare un trapianto sia da cadavere che da vivente, per cui ero contento. In parte mi spiaceva per lei, infatti appena mi sono svegliato dopo l’operazione ho chiesto come stesse lei, ma il chirurgo mi ha subito detto che stava bene e che era già sveglia.

Quando sono andato a Parma per fare l’accettazione sono andato nello studio del professore. In quell’occasione ricordo che mi ha detto che c’era anche una minima possibilità che potessi morire durante l’operazione, ricordo di aver solo risposto “lo so”, infatti lui era stupito e mi ha chiesto se avessi capito quello che aveva detto, ma io avevo capito benissimo, infatti gli ho detto che sapevo benissimo avrei potuto morire, se loro avessero sbagliato.

Nel reparto di Parma ho trovato tutte persone eccezionali. Era un reparto quasi da disperati a livello di struttura, perché non era nell’ospedale nuovo, ma ogni reparto aveva una propria casetta. C’erano proprio 5 o 6 stanze e quindi appena uscivamo dalla stanza parlavamo coi medici, gli infermieri.

Io e mia moglie credo che fossimo i primi ad effettuare un trapianto da non compatibili, tant’è vero che lo abbiamo fatto a Parma perché né a Novara né a Torino lo facevano. A Parma arrivavano non compatibili da tutta Italia, quindi per questo ho dedotto che fosse l’unico ospedale a farlo. All’ora non avevano neanche fatto l’abbinamento fegato-pancreas, lo hanno fatto poi per la prima volta una settimana dopo avermi dimesso.

Volevo chiederti… sei stato sostenuto dalla tua famiglia in questo percorso? Che ruolo ha avuto la tua famiglia… perché mi ricordo che in un incontro avevi parlato molto dei tuoi nipotini…

Più che i nipotini ovviamente mia moglie e anche mio figlio. Diciamo che la famiglia mi è stata molto vicina e ti dirò, anche gli amici. Io ho amici con cui mangiamo insieme da 32 anni e ricordo che quando ero ricoverato a Parma medici e infermieri mi dicevano che sembravo un centralino da quante persone mi telefonavano, effettivamente ero sempre al cellulare!

Io volevo chiederti com’era cambiata la tua vita famigliare, e se è cambiata, dopo il trapianto…

Mia moglie dice che sono diventato noioso… ultimamente continua a ripetermi che devo andare via dall’Italia perché sto diventando peggio di quelli che fanno tribuna politica. A un certo punto mi rendo conto di diventare troppo polemico.

È stato interessante partecipare agli incontri, lo faccio volentieri perché mi ha sia permesso di conoscere nuove persone, sia di ritrovare vecchie conoscenze. Ad esempio Marisa la conosco da quanto aveva 10, 11 anni, perché io venivo dagli Stati Uniti e suo cugino dal Ghana, quindi eravamo gli unici due a Cossato a parlare inglese. È da un po’ quindi che la conosco, ma non sapevo che avesse avuto un trapianto di fegato.

Grazie, direi che ora qualche domanda te l’abbiamo fatta e tu hai parlato molto… come ti senti dopo questa intervista? Stai bene?

Sì sì, io mi sono divertito!

Bene, l’importante è che tu stia bene e sia stato un momento di condivisione piacevole! Grazie ancora moltissimo, a presto!