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Sono una signora di 52 anni, mi chiamo Antonietta e mi piacerebbe raccontare la mia esperienza in merito al trapianto.

Tutto cominciò un giorno, mi recai in ospedale per un semplice controllo in sede, conobbi per la prima volta il dottore Berto, dove con molta serietà mi disse senza giri di parole la mia situazione.

Uscii dal reparto con due parole in testa: “dialisi e trapianto”.

Due parole a me non sconosciute, perché ho una patologia genetica, perciò sapevo cosa andavo incontro; speravo in un giorno lontano e non così presto.

Un problema era come dirlo in famiglia e come sospettavo iniziarono a mettermi in guardia, ma mi sento molto fortunata, non ho mai sofferto, mai una colica, sono sempre stata bene e tutto ciò alimentavano i dubbi di tutte le persone che mi circondavano.

Dovevo prendere una decisione, non volevo diventare come mia madre, che per ragioni a me sconosciute era arrivata in ospedale in urgenza compromettendo il suo fisico già debilitato alla emodialisi.

Vedevo lei che faceva una fatica enorme tutte le volte che entrava in ospedale per l’emodialisi usciva che era stremata.

Non poteva fare il trapianto perché aveva compromesso i suoi organi vitali, si era rassegnata a una vita legata a una macchina, a una seconda casa che era l’ospedale e l’equipe medica e infermieristica a una seconda famiglia.

Decido così di mettermi in gioco, tanto non avevo nulla da perdere, ero giovane e questo era a mio vantaggio, inizio con una serie di esami e alcuni di essi per niente piacevoli.

Arriva il giorno in cui la mia creatinina arriva alle stelle, iniziando la dialisi peritoneale.

Ho fatto 5 giorni di addestramento in ospedale seguita da infermieri molto pazienti, e così incominciai avventura in attesa di un trapianto.

Ricordo ancora quel giorno alle 3 di notte del mattino, dove vennero i Carabinieri, dove mi spaventai perché avevo i miei figli al mare e pensai che fosse successo a loro qualcosa, e invece cercavano me, l’ospedale cercava di contattarmi, ma avevo il telefono in modalità silenziosa.

Chiamai subito, dove mi spiegarono che c’era un rene disponibile, ma ero una riserva, dovevo recarmi a Biella per fare degli esami di routine e aspettare.

Arrivo a Novara con mio marito, parliamo con i dottori, ci spiegano le procedure, ma io rimango tranquilla con la certezza di tornare a casa mia, poi arriva la sorpresa, ero idonea e così incomincia la mia avventura.

Al mattino dopo l’intervento mi sveglio e mi ritrovo piena di tubicini, i dottori vennero subito a visitarmi soddisfatti, era andato tutto bene, ho avuto un decorso veloce, dopo 15 giorni potevo andare a casa.

Il giorno delle dimissioni, un medico mi disse: “la tua vita è cambiata, migliore di quella precedente”.

La mia vita è cambiata, sono consapevole di aver ricevuto un dono inestimabile dove non passa giorno che non ringrazi la persona che me lo ha donato.

Ho imparato a volermi bene, a stare con persone che mi rendono felice, dire no senza sentirsi in colpa, perché la mia vita è una sola e va vissuta al meglio.